giovedì 13 ottobre 2016

Le fettuccine di nonna Matilde

le fettuccine fatte in casa.

In cucina mi piace sperimentare, ma a tavola no!
Mi spiego meglio. Adoro cucinare di tutto, mettermi alla prova con ricette e ingredienti insoliti, combinare sapori e profumi ma poi quando mi metto a tavola, i sapori che mi attivano le papille gustative sono sempre loro, quelli della tradizione mediterranea, i profumi di casa mia.

Così, quell'odore di legno e farina, cotone pulito e uova mi riporta alle domeniche a casa di mia nonna Matilde, quando fuori il tempo era grigio, il camino acceso e l'acqua a bollire.
Lei, piccola e compatta nel suo grembiule fissato con le spille da balia, preparava delle fettuccine meravigliose. Preparava l'impasto la mattina presto. Sistemava la tavola di legno sul tavolo pulito e libero e poggiava il suo mattarello stretto e lungo sul tavolo, aspettare il momento giusto.

pasta sottile e mattarello cicciotto.

Tutti i passaggi, lo ammetto, non me li ricordo. La faccenda era abbastanza lunga. Mi interessavano due fasi: il momento delle uova nella buchetta e il taglio delle fettuccine. Tutto il resto è un vago ricordo di passaggio, quando correvo da una stanza all'altra o uscivo e rientravo da casa per giocare a "la Regina del Vento". Non mi perdevo però i momenti cruciali, quando le sue mani esperte sistemavano la farina a montagnola e poi formavano una buchetta al centro. Una ad una cadevano al centro della buchetta quattro o cinque uova, un pizzico di sale e poi, prima con la forchetta e poi con le dita, si battevano le uova e piano piano si rompevano gli argini della farina per amalgamare il tutto.
Un bicchiere di acqua sempre vicino, utile per rendere morbido l'impasto e poi tutta la forza la tecnica della tradizione per impastare a dovere la pasta.

Bastardello a lavoro con la farina.

Più la lavori, meglio viene. La pasta all'uovo vuole essere maneggiata e ci vuole un bel po' di forza, perchè non è un impasto morbido. Così, gambe ben ferme a terra e gomiti alti, tutto il lavoro è per le braccia che devono danzare avanti e indietro, con movimenti sicuri, avvolgere e rimboccare, girare e arrotolare l'impasto, fino a quando la superficie non sarà liscia e setosa. Ci vuole un po', ma quella sensazione al tatto è inconfondibile, una carezza e capisci subito che è pronta per essere incisa e per riposare.
l'impasto mentre lo stavamo lavorando
Bastardello in fase di impasto.

Manine esperte <3

A questo punto per me il buio. Quanto deve riposare? A cosa serve quell'incisione? Ma la faccio anche alla pasta della pizza, è giusto? Insomma, la mente si affolla di dubbi, ma fa niente, vado avanti. Ho deciso che riposerà mezzora. Chissà nonna quanto la faceva riposare, io ero in giardino a rincorrere le galline!

Ora l'obiettivo è uno solo, stendere la pasta e renderla omogenea e il più possibile sottile, poi lasciarla riposare e seccare con tutte le finestre aperte. Ho vivo nella testa il ricordo dell'enorme disco di pasta sulla spalliera del divano ad asciugare, disteso sulla tovaglia pulita (così intanto si apparecchiava!).

Il mio mattarello non è come quello di mia nonna, e nemmeno le mie braccia! Ci ho messo parecchio per riuscire a stendere la pasta ma ce l'ho messa tutta per renderla sottile e omogenea. Una volta raggiunto lo spessore desiderato il passaggio era "aprire tutte le finestre, mettere la pasta sulla tovaglia, lasciarla asciugare, fare sul sugo e infine tagliare le fettuccine".
Il mio discone di pasta a riposo.

Il momento dell'asciugatura per me è stato un pò turbolento. Il Bastardello era sicuro che quel grande disco giallognolo fosse ideale per farci passare sopra le jeep! Con quelle ruote dentate, avrebbero lasciato dei fantastici segni, roba da far vedere subito a papà! Quindi il livello di guardia era altissimo... anche se ammetto che avrei giocato volentieri con lui a fare impronte di jeep sulla pasta.

Arrivata all'ora di pranzo, come diceva l'altra mia nonna (Tommasina) "cotta o cruda er foco l'ha veduta", era tempo di tagliare le fettuccine e farle arrivare nel piatto. Qui, in questa fase, me la ricordo bene mia nonna. Prendeva il disco di pasta, lo accarezzava con le sue mani ruvide per sentire se si era asciugata quanto voleva lei, poi con aria sicura e soddisfatta iniziava ad arrotolarla su se stessa fino a creare un lungo salsicciotto piatto. Una volta sistemato al bordo della tavola di legno, prendeva il suo coltello e posizionava le dita per misurare lo spessore della fettuccina e di lì a poco partiva con tagli sicuri a raffica.
Il taglio delle fettuccine

Fettuccine al taglio.

Ogni quattro o cinque tagli si fermava, distribuiva farina di semola sulla tavola e srotolava le fettuccine per poi sistemarle in modo da creare dei piccoli cestini arrotolati. Era bellissimo. Il tavolo diventava una distesa di riccioli e lei diventava ad ogni taglio più fiera del suo lavoro. Nel frattempo l'acqua bolliva da un pezzo e io approfittavo per rubare fettuccine crude, avendo particolare cura nel prendere quelle che in fondo non erano state srotolate, così sotto i denti restavano spesse e consistenti.

Acqua salata, e fettuccine a bollire per due o tre minuti al massimo, scolate e condite con sugo di spuntature o sughetto al basilico e parmigiano ed era pura felicità.

Le mie fettuccine.

Oggi niente ricetta, ma un racconto. In fondo, domenica scorsa, quando mi sono messa a fare le fettuccine con Samuele, questo avevo nella testa: nonna Matilde in cucina, io bambina che entro ed esco da casa e il profumo di farina, legno e sugo che pervade tutto.

Mi è piaciuto tanto coinvolgere Samuele in questa storia, nella nostra storia. Come me, lui andava e veniva, rubacchiava pasta, affondava le labbra nella farina e faceva sfrecciare jeep sulla pasta stesa. Poi ce le siamo anche mangiate, solo che a differenza di nonna Matilde, ho cercato un condimento diverso dal pomodoro, che ho sostituito con una crema di peperoni e basilico.

la farina e il Bastardello.
a presto!
Fra'


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